KANDINSKY : L'ARTISTA COME SCIAMANO
“Lo spettatore è troppo abituato
a cercare un “senso”, cioè, un rapporto esteriore tra le parti del quadro.
La nostra epoca,
materialista nella vita e quindi nell’arte, ha prodotto uno spettatore e
specialmente un “amatore” che non sa porsi semplicemente di fronte a un quadro
e nel quadro cerca tutto il
possibile (l’imitazione della natura, la natura interpretata dalla psicologia
dell’artista, l’atmosfera immediata, l’anatomia la prospettiva, l’atmosfera
esteriore) ma non cerca la vita interiore, non lascia che il quadro agisca su di
lui.
Accecato dai mezzi
esteriori, non vede che cosa sanno creare, non si accorge che possono
comunicare non solo cose, ma idee e sentimenti.”
Vassily
kandinsky
Odessie Novosky (1911), Lo spirituale nell’arte (1911), Al
di là del muro (1914)
Il
quadro, come metafora della vita, mette l’essere umano di fronte a se stesso.
In
un’epoca in cui pochi sanno ascoltare, se stessi e gli altri, il quadro
astratto rischia di deludere l’osservatore che si approccia con delle
aspettative specifiche.
Il
silenzio del quadro disattende quell’implicito desiderio di risposte estetiche
dalle quali procedono sensazioni emotive.
E
qui parte il giudizio dell’osservatore.
Padre
di una rivoluzione formale, oltrechè figlio di una storica agitazione sociale,
Kandinsky esprime pienamente il cambiamento di un’epoca, stravolgendo il
rapporto canonico tra quadro ed
osservatore.
Egli
entra nel linguaggio stesso dell’opera e dialoga con i suoi elementi
utilizzandoli poi come strumenti chirurgici.
“Il colore è un mezzo per
esercitare sull'anima un'influenza diretta. Il colore è un tasto, l'occhio il
martelletto che lo colpisce, l'anima lo strumento dalle mille corde”.
Erano passati i tempi in cui la semplice
rappresentazione della realtà poteva bastare all’artista. L’arte, ormai, rispondeva
e amplificava quegli impulsi che la scienza e la società stavano maturando. Era
già nata la psicanalisi, che esplorava i mondi nascosti dell’essere,
l’impressionismo aveva tradito l’illusione dell’unità della visione e la
fotografia aveva colmato l’esigenza dell’eternalizzazione dell’attimo.
La
convinzione dell’artista è che "il
più ricco insegnamento” venga dalla musica.
“Salvo poche eccezioni, la
musica è già da alcuni secoli l'arte che non usa i suoi mezzi per imitare i
fenomeni naturali, ma per esprimere la vita psichica dell'artista e creare la
vita dei suoni.”
Dal 29 Marzo
al 6 Luglio Vassily Kandinsky è in mostra, all’Arca di Vercelli, con una raccolta di opere che ha segnato la
nascita dell’astrattismo.
Arca, in collaborazione con il Museo Nazionale di San Pietroburgo, apre le
sue porte all’arte russa con l’artista che più di ogni altro fu la cerniera fra
occidente e oriente.
La
rassegna, dal titolo L’artista come sciamano, si sviluppa
intorno a ventidue capolavori del
padre dell’astrattismo, provenienti da otto musei russi, accompagnati da selezionatissimi dipinti di altri maestri
dell’avanguardia russa e da uno straordinario nucleo di oggetti rituali
delle tradizioni polari e sciamaniche praticate nelle lontane e sterminate
regioni siberiane, da cui Kandinsky trasse profonde ispirazioni durante i suoi
anni giovanili di studi etno-antropologici, e che contribuirono, insieme alle
tradizioni contadine russe allo sviluppo del suo percorso intellettuale verso
l’astrazione come forma della spiritualità.
L’evoluzione che portò Kandinsky all’astrazione, era cominciata durante
la sua formazione universitaria, quando i suoi studi di legge lo avevano
portato ad analizzare i fondamenti del diritto nelle tradizioni delle
sterminate campagne della Russia, fra le lontane popolazioni siberiane.
Da etnologo approfondì la vita, gli usi e l’economia dei sirieni, una
piccola etnia cui dedicò alcuni articoli scientifici, incontrando anche le
pratiche popolari derivanti dalle antiche ritualità sciamaniche, dalla cui era
rimasto colpito per la profonda spiritualità.
Molti elementi che si ritrovano nella sua opera richiamano quella
esperienza, dalla figura del cavallo e del cavaliere, al tamburo rituale, alle
figure simboliche di animali.
La formazione del giovane Kandinsky crebbe all’interno dell’impetuosa
corrente culturale sviluppatasi in Russia nell’Ottocento dopo l’invasione
napoleonica e la distruzione di Mosca, essa era volta a ricercare nella cultura
primitiva e folclorica del mondo contadino, le radici di un’originaria e
intatta civiltà russa.
Di questo universo favoloso ed esoterico, contrapposto al razionalismo
dell’occidente europeo, facevano parte le favole e le canzoni popolari
trasmesse oralmente fin dal Medioevo e riprese poi in letteratura da Pushkin e
Dostoevskji e in musica da Rimsky Korsakov, prima, e poi dagli altri
compositori russi di inizio ‘900, da Mussorsgky a Skriabin a Stravinsky.
La mostra è curata da Eugenia Petrova e promossa dalla Città di
Vercelli, organizzata da Giunti Arte mostre musei col patrocinio della Regione
Piemonte, il contributo di diverse istituzioni e aziende, fra le quali la
Provincia di Vercelli, Biverbanca e con il sostegno della Fondazione Cassa di
Risparmio di Vercelli.