giovedì 27 marzo 2014

KANDINSKY: L'ARTISTA COME SCIAMANO

KANDINSKY : L'ARTISTA COME SCIAMANO


“Lo spettatore è troppo abituato a cercare un “senso”, cioè, un rapporto esteriore tra le parti del quadro.
La nostra epoca, materialista nella vita e quindi nell’arte, ha prodotto uno spettatore e specialmente un “amatore” che non sa porsi semplicemente di fronte a un quadro
e nel quadro cerca tutto il possibile (l’imitazione della natura, la natura interpretata dalla psicologia dell’artista, l’atmosfera immediata, l’anatomia la prospettiva, l’atmosfera esteriore) ma non cerca la vita interiore, non lascia che il quadro agisca su di lui.
Accecato dai mezzi esteriori, non vede che cosa sanno creare, non si accorge che possono comunicare non solo cose, ma idee e sentimenti.”

Vassily kandinsky

Odessie Novosky (1911), Lo spirituale nell’arte  (1911), Al di là del muro (1914)


 Il quadro, come metafora della vita, mette l’essere umano di fronte a se stesso.

In un’epoca in cui pochi sanno ascoltare, se stessi e gli altri, il quadro astratto rischia di deludere l’osservatore che si approccia con delle aspettative specifiche.

Il silenzio del quadro disattende quell’implicito desiderio di risposte estetiche dalle quali procedono sensazioni emotive.
E qui parte il giudizio dell’osservatore.


Padre di una rivoluzione formale, oltrechè figlio di una storica agitazione sociale, Kandinsky esprime pienamente il cambiamento di un’epoca, stravolgendo il rapporto  canonico tra quadro ed osservatore.
Egli entra nel linguaggio stesso dell’opera e dialoga con i suoi elementi utilizzandoli poi come strumenti chirurgici.

“Il colore è un mezzo per esercitare sull'anima un'influenza diretta. Il colore è un tasto, l'occhio il martelletto che lo colpisce, l'anima lo strumento dalle mille corde”.

Erano passati i tempi in cui la semplice rappresentazione della realtà poteva bastare all’artista. L’arte, ormai, rispondeva e amplificava quegli impulsi che la scienza e la società stavano maturando. Era già nata la psicanalisi, che esplorava i mondi nascosti dell’essere, l’impressionismo aveva tradito l’illusione dell’unità della visione e la fotografia aveva colmato l’esigenza dell’eternalizzazione dell’attimo.


La convinzione dell’artista è che "il più ricco insegnamento” venga dalla musica.

“Salvo poche eccezioni, la musica è già da alcuni secoli l'arte che non usa i suoi mezzi per imitare i fenomeni naturali, ma per esprimere la vita psichica dell'artista e creare la vita dei suoni.”


Dal 29 Marzo al 6 Luglio Vassily Kandinsky è in mostra, all’Arca di Vercelli, con una raccolta di opere che ha segnato la nascita dell’astrattismo.

Arca, in collaborazione con il Museo Nazionale di San Pietroburgo, apre le sue porte all’arte russa con l’artista che più di ogni altro fu la cerniera fra occidente e oriente.


La rassegna, dal titolo L’artista come sciamano, si sviluppa intorno a ventidue capolavori del padre dell’astrattismo, provenienti da otto musei russi, accompagnati da selezionatissimi dipinti di altri maestri dell’avanguardia russa e da uno straordinario nucleo di oggetti rituali delle tradizioni polari e sciamaniche praticate nelle lontane e sterminate regioni siberiane, da cui Kandinsky trasse profonde ispirazioni durante i suoi anni giovanili di studi etno-antropologici, e che contribuirono, insieme alle tradizioni contadine russe allo sviluppo del suo percorso intellettuale verso l’astrazione come forma della spiritualità.


L’evoluzione che portò Kandinsky all’astrazione, era cominciata durante la sua formazione universitaria, quando i suoi studi di legge lo avevano portato ad analizzare i fondamenti del diritto nelle tradizioni delle sterminate campagne della Russia, fra le lontane popolazioni siberiane.
Da etnologo approfondì la vita, gli usi e l’economia dei sirieni, una piccola etnia cui dedicò alcuni articoli scientifici, incontrando anche le pratiche popolari derivanti dalle antiche ritualità sciamaniche, dalla cui era rimasto colpito per la profonda spiritualità.
Molti elementi che si ritrovano nella sua opera richiamano quella esperienza, dalla figura del cavallo e del cavaliere, al tamburo rituale, alle figure simboliche di animali.
La formazione del giovane Kandinsky crebbe all’interno dell’impetuosa corrente culturale sviluppatasi in Russia nell’Ottocento dopo l’invasione napoleonica e la distruzione di Mosca, essa era volta a ricercare nella cultura primitiva e folclorica del mondo contadino, le radici di un’originaria e intatta civiltà russa.
Di questo universo favoloso ed esoterico, contrapposto al razionalismo dell’occidente europeo, facevano parte le favole e le canzoni popolari trasmesse oralmente fin dal Medioevo e riprese poi in letteratura da Pushkin e Dostoevskji e in musica da Rimsky Korsakov, prima, e poi dagli altri compositori russi di inizio ‘900, da Mussorsgky a Skriabin a Stravinsky.

La mostra è curata da Eugenia Petrova e promossa dalla Città di Vercelli, organizzata da Giunti Arte mostre musei col patrocinio della Regione Piemonte, il contributo di diverse istituzioni e aziende, fra le quali la Provincia di Vercelli, Biverbanca e con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Vercelli.


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